di COORDINAMENTO MIGRANTI TRANSNAZIONALE
Migliaia di migranti si trovano bloccati lungo la frontiera tra Polonia e Bielorussia per tentare di entrare nell’Unione Europea. Come avevamo già segnalato tempo fa, sono mesi che i paesi orientali dell’Unione sono diventati delle nuove vie usate dai migranti per raggiungere l’Europa evitando di attraversare la Turchia e finire così imprigionati dagli accordi tra Erdogan e la Commissione Europea o di rischiare la vita nel mar Mediterraneo. Negli ultimi giorni però il governo polacco ha deciso di bloccarli: la Polonia ha istituito una zona di emergenza di diversi km lungo il confine, impiegando polizia ed esercito. Lo stesso ha fatto la Lituania, altro paese di ingresso. In questo modo viene impedito a chiunque di prestare soccorso ai migranti bloccati al freddo nel mezzo della foresta. Diversi di loro sono già morti a causa di questo blocco. I tentativi di sfondamento sono respinti con gas lacrimogeni e filo spinato.
D’altra parte, la Bielorussia ha cinicamente incoraggiato migranti dall’Iraq, dall’Iran e da altri paesi dell’Africa a transitare nel tentativo di raggiungere l’UE. La Bielorussia sta così usando i migranti come risposta alle sanzioni imposte da Bruxelles all’inizio di quest’anno. Francia e Germania, spalleggiate dalla presidente della Commissione Europea Von der Leyen, si sono affrettate a dare il proprio sostegno alla Polonia, condannando Lukashenko come trafficante di esseri umani per poter così invocare a buon diritto la rigida protezione delle frontiere esterne dell’UE. Così, mentre un numero crescente di migranti sta morendo per ipotermia nelle foreste polacche, l’Europa si è limitata a definire questa situazione inedita ai confini orientali come una «aggressione di un regime illegittimo e disperato, capace di compiere atti atroci». Questa è una buona descrizione del regime di Lukashenko, ma non può cancellare l’autonoma e legittima volontà degli uomini e donne migranti di trovare condizioni di vita migliore. In questo modo, i paesi europei schierano l’esercito sul confine e si uniscono al regime di Lukashenko nello spingere i migranti contro il filo spinato, e si pongono l’ulteriore obiettivo di «lavorare con paesi terzi per bloccare gli arrivi a Minsk». Anche se le immagini che vengono dal confine sono terribili, la brutale reazione della Polonia di fronte alla «minaccia dei migranti» e il loro uso come merce di scontro politico con l’UE da parte della Bielorussia non sono casi isolati: sono parte integrante di un regime europeo di governo delle migrazioni che legittima ormai apertamente la violenza contro i migranti e la violazione sistematica dei loro diritti e degli impegni internazionali.
Alcuni esempi: in questi giorni nel Regno Unito, il Ministero degli Interni ha silenziosamente cercato di emendare il suo disegno di legge sulla nazionalità e le frontiere, introducendo una disposizione che dà al personale della Border Force l’immunità nel momento in cui non riuscisse a salvare vite in mare. Ciò significa che nessuno sarà considerato responsabile dei morti in mare causati dalla guardia costiera. La Croazia e la Grecia stanno usando, invece, un “esercito ombra”, ovvero unità in borghese con passamontagna che operano insieme alla polizia di questi paesi, per costringere i migranti ad allontanarsi dai loro confini. In Croazia, queste unità sono state filmate mentre picchiavano le persone con dei bastoni al confine con la Bosnia, mentre in Grecia sono accusate di intercettare le barche nell’Egeo e mettere i passeggeri alla deriva su zattere di salvataggio in acque turche. L’Ue continua a finanziare la difesa delle frontiere di entrambi i paesi e riservare milioni di euro a paesi come la Libia, dove i e le migranti – che nell’ultimo mese si sono ribellati in massa – sono detenuti i centri di detenzione, percossi, torturati, stuprate.
Dopo anni di respingimenti illegali in mare e nei Balcani, siamo ora ai respingimenti illegali e manu militari sul confine polacco e lituano. L’intenzione dell’UE di “impedire i viaggi a Minsk” conferma inoltre il ruolo dei paesi terzi nelle politiche europee contro i migranti. Noi sappiamo che i migranti non si fermeranno, e che le politiche europee, ancora una volta, renderanno i viaggi più pericolosi e riempiranno le tasche di trafficanti e dittatori. Nel frattempo, manifestazioni in sostegno dei migranti si stanno verificando e organizzando in Polonia e in Lituania.
I governi europei fingono di voler aiutare i migranti dicendo che non devono partire. Noi sappiamo invece che non si può arrestare la ricerca della libertà e di una vita migliore e continueremo a lottare insieme ai tanti che, anche in queste ore, stanno riuscendo ad oltrepassare i confini. La violenza brutale con cui l’UE e i paesi limitrofi stanno reprimendo gli ingressi dei migranti è una risposta al nostro movimento di massa e alla forza che la nostra pretesa di libertà sprigiona. Tuttavia, sappiamo anche che mentre questa violenza mette a repentaglio la vita di molti, gli stessi paesi che la praticano hanno bisogno di lavoratori e lavoratrici migranti da sfruttare. Non è dunque vero che la violenza serve a fermare i migranti ad ogni costo: quello che vogliono è impedire ogni libertà di movimento e far entrare solo un certo numero di migranti che siano al servizio dell’economia e della produzione.
Per questo, mentre siamo dalla parte delle donne e degli uomini migranti che – in Bielorussia come in Libia, in Turchia come in Grecia – continuano a sfidare il regime dei confini europeo, siamo anche dalla parte di chi quotidianamente, negli stessi paesi e in ogni angolo d’Europa, lotta contro lo sfruttamento e contro il ricatto del razzismo istituzionale. Per questo vogliamo un permesso di soggiorno europeo senza condizioni: per la libertà di movimento e la libertà di restare, contro violenza e sfruttamento, e contro gli interessi dei trafficanti e dei dittatori sostenuti dalle politiche europee. Ci vogliamo vive, ci vogliamo liberi!